Elephant Micah - Where In Our Woods (2015)

di Lorenzo Righetto

Attesissimo nella scena folk indipendente (sospetto più dagli addetti ai lavori che dagli ascoltatori), il nuovo disco di Joe O’Connell, “Where In Our Woods”, arriva quasi in sordina agli inizi ancora infreddoliti e letargici di questo 2015. E, di conseguenza, si presenta in punta di piedi, rinunciando all’intensità del precedente, forse insuperabile “Louder Than Thou”, vero “vangelo” del cantautorato americano di pochi anni fa.

“Where In Our Woods” rappresenta invece un lavoro molto più sedimentato, una liturgia intima che ricorda un po’ l’isolazionismo sonoro del recente omonimo di Oldham, qui presente fra l’altro a fornire le seconde voci al disco. La scrittura di O’Connell si fa quasi ascetica nelle sue ostinate ripetizioni (le note calcate su due corde di “Slow Time Vultures”), ma senza evocare gli scenari di ricerca interiore in paesaggi desolati dello scorso album.
Il disco è improntato a una religiosità naturalistica (“By The Canal”), declinata in personaggi dell’America profonda (“Demise Of The Bible Birds”), e in questo la scelta di un accentuato minimalismo stilistico può essere considerata un’ovvia conseguenza, compreso l’affidarsi, per l’acustica, a corde di nylon piuttosto che metalliche.

Il risultato generale non ha, così, la potenza di “Louder Than Thou”, ma neanche quell’afflato contemplativo che l’avrebbe potuto rendere ugualmente interessante. Dal punto di vista della scrittura e degli arrangiamenti, “Where In Our Woods” suona come uno degli ultimi lavori di Oldham, i più intransigenti e “tradizionali”, se vogliamo, ma anche i più ermetici e chiusi su sé stessi. Un album minore, insomma. (Mia valutazione: Buono)

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