Eska - Eska (2015)

di Damiano Pandolfini

Al concerto tenutosi per il lancio di "Eska", lo scorso 16 maggio 2015 al Rich Mix di Londra, tra il pubblico sono state avvistate delle estasiate Laura Mvula, Alice Russell e Lianne La Havas. Accompagnata da una band stringata ai limiti del garage-rock, Eska ha tirato giù il tetto della sala, dando prova della sua portentosa voce, ma soprattutto dell'incredibile verve di emotiva quanto spiritosa interprete e polistrumentista, una leonessa da palcoscenico capace di stravolgere le proprie canzoni saltando dal folk al rock al blues al soul al gospel con una facilità da mettere in soggezione.

Ma non si tratta certo di hype nato nel giro di una notte. Eska Mtungwazi, età imprecisata e neomamma di una bimba che "sta nel palmo di una mano", è in giro sin dagli anni 90 e il suo nome ha assunto la statura del mito nella scena della capitale inglese, pur senza un briciolo di divismo da parte dell'interessata, visto che per anni questa signora ha tenuto lezioni di coro per insegnare l'arte del canto di gruppo a chiunque ne avesse voglia. La sua voce si è fatta poi conoscere attraverso decine di collaborazioni, in studio come sul palco, e il passaparola circa le sue incredibili performance ha fatto il giro della nazione, finendo con l'ispirare tantissime nuove leve nel corso del tempo.
Il trio di signorine di cui sopra, per quanto ben più conosciuto e coccolato da pubblico e critica, è l'esempio più lampante dei diretti debitori di Eska, per loro dunque assistere al lancio del suo album di debutto sulla stralunghissima distanza era una tappa praticamente obbligatoria (con tutto che la serata era già sold out settimane prima dell'evento).

Curioso semmai notare che la musica autografa di Eska ha iniziato a rimbalzare di bocca in bocca solo dal 2013, grazie alla pubblicazione dell'Ep "Gatekeeper", e la domanda sorge spontanea: perché questa donna ha impiegato così tanto tempo a pubblicare qualcosa a suo nome? Molto semplice, a detta sua; Eska ha avuto bisogno di tempo per spogliarsi di dosso delle influenze accumulate da una vita di ascolti, e per scordarsi il suono delle voci che l'hanno ispirata fin da quando era solo una piccola bimba che cresceva nel sud di Londra da una famiglia di immigrati dello Zimbabwe. Un processo lento e snervante, per non dire drastico, ma evidentemente necessario, una lunga ricerca votata alla scoperta della sua vera voce e della penna di songwriter.

E l'attesa è stata ripagata, perché quello che ci troviamo tra le mani è un album che si colloca al di fuori di ogni tempo e di ogni moda. Ascoltarlo è come intraprendere un viaggio musicato attraverso dieci tracce che scorre lento come la vita, una melodia dell'anima che fluisce come il corso d'un fiume, tra placide risacche, correntine e impetuose cascate.
Per Eska il verbo del sacro soul è solo un pretesto; tra lente chitarre roots, stuoli di cori, colorati arrangiamenti orchestrali e corpose progressioni ritmiche, il suo personalissimo folklore canta e lamenta con disarmante sincerità, poi all'improvviso s'inerpica per la tangente vocale come Annette Peacock, o come la Minnie Riperton del periodo Rotary Connection. L'impetuoso crescendo di "Gatekeeper" e le progressioni melodiche di "Shades Of Blue", il coloratissimo dub di "Heroes & Villains", o l'assoluta purezza delle parole di "To Be Remembered", canzone d'amore delle più semplici e disarmanti di sempre - ogni traccia di "Eska" sembra composta con estrema naturalezza per conservare il massimo dell'ispirazione originale.

Il risultato, insomma, è inarrestabile ed emozionante quanto lontano anni luce dal facile consumo o da paragoni di sorta. Che piaccia o che lasci spiazzati, l'arte di Eska ha il dono della purezza e pertanto non vi è alcuna fretta nella sua scoperta. Questa recensione giunge in ritardo di mesi proprio perché, dopo aver comprato il disco e aver assistito alla sua trasposizione dal vivo, c'è voluto del tempo per riprendere le fila del discorso e lasciar riposare un minimo quanto vissuto, in modo da poterlo assorbire sotto pelle. Come dice lei stessa: "This Is How A Garden Grows", ovvero con pazienza e dedizione. Nel frattempo, se vi dovesse capitare l'occasione, andate a vederla dal vivo. (Mia valutazione: Distinto)

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