Charles Bradley - Changes (2016)

di Andrea Murgia

«Hello, This Is Charles Bradley…». Comincia così, con la timida presentazione di God Bless America, il terzo capitolo della storia musicale di Charles Bradley da Gainesville, Florida: un incipit sincero di uno che ne ha passate mille e più, che tra hammond, cori e parole al miele per l’America («my sweet home») esplode e si trasforma in un gospel di raycharlesiana memoria. Non si poteva iniziare meglio.
Scoperto qualche anno fa (siamo a inizio anni Dieci) da Gabe Roth di Daptone Records in pieno periodo di revancha soul (contemporaneamente si assiste all’esplosione di fenomeni mainstream come Aloe Blacc e John Legend ma allo stesso tempo si ri-scopre la produzione di Lee Fields, un altro miracolato), Charles Bradley si trasforma da clone per matrimoni di James Brown (il suo nickname era Black Velvet) a vera e propria Screaming Eagle of Soul, firmando dischi convincenti come Victim of Love e No Time For Dreaming, che ottengono il plauso di critica e del pubblico, e che lo fanno salire alla ribalta internazionale con partecipazioni prestigiose a festival come il Primavera Sound, Coachella e il SXSW. Proprio al festival texano, nel 2012, viene presentato il documentario Charles Bradley: Soul Of America in cui si fa luce su uno dei personaggi, al pari di Sixto Rodriguez, più interessanti del panorama musicale degli ultimi anni.
Successore del Victim of Love datato 2013, Changes è, se si può dire vista l’età del soggetto in questione, il proverbiale disco della maturità. Introdotto dalla omonima cover dei Black Sabbath contenuta in Vol.4 (in realtà la traccia è stata già pubblicata su 45 giri nel dicembre 2013, nell’occasione del Record Store Day), Changes è un concept album costruito sul tema dell’amore: per la madre, a cui il Nostro dedica Changes e l’intero album, nonostante lei l’abbia abbandonato in fasce alle cure della nonna materna, ma a cui si era riavvicinato negli ultimi anni; per la tanto amata America a cui dedica l’ode Good To Be Back Home, scritta di ritorno da una tournée in Europa, e Nobody But You, con quel sexy riff preso in prestito da Summer Breeze di Seals and Crofts. Crazy For Your Love, Things We Do For Love e Slow Love chiudono i giochi con la straziante voce di Bradley sugli scudi, testimone di una vita scandita da fallimenti, dolore e povertà. Interpretazione e arrangiamenti, manco a dirlo, sono raffinatissimi, come se il disco fosse uscito a fine Sessanta dagli studi Stax di Memphis e non nel 2016. È soul tout court, quello sciorinato da Charles Bradley, che rispetta tutti i crismi del caso, fatto con grande mestiere ma con cuore e passione smisurata.
Disco migliore della discografia di Bradley, Changes è uno dei lavori soul più belli e ispirati degli ultimi anni. (Mia valutazione: Distinto)

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