Doors, guida per principianti

Nella storia della musica degli anni sessanta e settanta è difficile trovare un artista che più di Jim Morrison abbia saputo incarnare (e lasciarsi distruggere) la forza del rock. In appena sei anni di attività musicale, James Douglas Morrison ha spiegato al mondo cosa vuol dire essere una rockstar.

Il suo spirito, dopo la morte precoce a soli 27 anni, ha continuato ad attirare l’attenzione di fan in tutto il mondo, tanto che oggi: i suoi video su YouTube vengono visualizzati da milioni di utenti; dopo la sua morte sono stati pubblicati più di 20 album, tra raccolte, live e inediti; e gli appassionati di musica ogni anno raggiungono la sua tomba nel cimitero parigino di Père Lachaise, “il cimitero degli artisti“, per rendergli omaggio.

Oggi in particolare è un’occasione importante per ricordare Jim e i Doors visto che, esattamente cinquant’anni fa, usciva il loro primo album, omonimo: il 4 gennaio 1967. Per l’occasione questo giorno diventerà il “Day of the Doors” e vicino a Venice Beach, a Los Angeles, si sono dati appuntamento il chitarrista Robby Krieger, il batterista John Densmore e i familiari dei due altri componenti scomparsi, Morrison e Manzarek, per festeggiare il compleanno della band.



Una delle chiavi per capire la “filosofia” del gruppo si trova nella scelta del nome. I componenti, prima che in saletta, si erano conosciuti a una lezione di meditazione trascendentale e quando decisero di mettere in piedi una band fu Jim a decidere il nome, rifacendosi al titolo di un saggio di Aldous Huxley, “Le porte della percezione” (The Doors of Perception). All’interno del libro è contenuta anche una citazione del sommo poeta londinese William Blake che recita: “Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa apparirebbe all’uomo com’è: infinita“.



La preparazione culturale della band spaziava dalla letteratura antica a quella simbolista, da Nietzsche all’antropologia. Allo stesso modo, le contaminazioni musicali erano molte: Bach, il jazz, e poi il flamenco, la musica indiana. Il grande talento di Morrison si è espresso anche nel gestire questi musicisti così diversi e nel trovare un perfetto equilibrio. Sintesi magnifica che si può ascoltare nel loro primo album, un capolavoro: l’omonimo The Doors.



L’album raggiunse il secondo posto in classifica e si aggiudicò un disco d’oro. Un successo incredibile per una band esordiente. A rendere eccezionale l’album, oltre alla musica, sono anche i testi di Morrison. Nessuno prima di lui aveva portato componimenti del genere su un palco rock.



A rendere unici i Doors furono anche i live incendiari. Jim sul palco si trasformava in uno sciamano che metteva in scena riti tribali, erotici ed esoterici. Il pubblico era estasiato, sentendosi fisicamente parte di un’unica famiglia. Quella del rock, nella sua forma più primitiva.



I Doors, nell’ottobre dello stesso anno, pubblicarono un secondo album, Strange Days. La band mantenne le promesse del primo e sfornò un disco colmo di canzoni straordinarie che saranno ascoltate fino allo sfinimento dalle generazioni successive.



Nel seguente album, Waiting for the Sun, mancano i singoli di successo, perfetti dal punto di vista commerciale, che avevano contraddistinto la prima opera, come ad esempio, “Light my fire“. Qui si sperimenta di più.



Si possono ascoltare pezzi originali, e inediti per la band, che raccontano il loro ricco sostrato musicale. Come la passione per il flamenco del chitarrista del gruppo.



Anche gli album che seguirono mancarono di omogeneità regalando comunque pezzi che diventeranno classici del rock. Nel 1969 in The Soft Parade spicca, ad esempio, la bellissima “Touch me”. Da segnalare anche l’aggiunta di un’orchestra e di strumenti a fiato.



L’album non raggiunse il successo sperato e così i Doors fecero un passo indietro tornando al suono più grezzo e acido. All’interno del notevole Morrison Hotel si trova uno dei loro pezzi più belli.



Ed è proprio alle radici del rock, la musica blues, che i Doors termineranno il loro viaggio nel 1971 con l’album L.A. Woman. Resta oggi il loro testamento spirituale, visto che alcuni mesi dopo Morrison morì in circostanze misteriose a Parigi. Curioso resta ancora oggi il fatto che prima di morire Morrison avesse rilasciato un’intervista in cui sembrava spiegare chi erano stati i Doors. Parlando al passato, ma con uno sguardo rivolto al futuro. “Per me non si è mai trattato di un’esibizione. Era una questione di vita e di morte, un tentativo di comunicare, di coinvolgere molte persone nel privato mondo del pensiero“.




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