Courtney Barnett & Kurt Vile – Lotta Sea Lice (2017)

di Giovanna Taverni

Sulla carta c’è tutto.
Quei due nomi ricorrenti – Kurt e Courtney, che ci riportano alla mente le gesta dei Novanta e la sua epica in disuso. L’amicizia fraterna che lega la Barnett e Vile, tanto che da qualche parte si sussurra che questo disco sia solo un pretesto per due cantautori affini e distanti di trascorrere un po’ di tempo insieme, divertirsi e fare musica. E poi quell’attitudine slacker, che un po’ vien fuori già a guardarli – quei due, coi capelli lunghi e liberi. Una sensibilità musicale affine, la chitarra, l’amore per la Fender. Insomma sulla carta è tutto pronto per il lancio.

Lotta Sea Lice è un prodotto commerciale, come ogni disco. Ma c’è una componente di divertissement che arriva diritta sin dalla sua prima traccia. Si capisce che tra i due c’è del feeling, c’è una visione comune, c’è voglia di comporre musica insieme, improvvisare quando è il caso. Ci ricorda gli appuntamenti che ci davamo a casa di amici per suonare insieme e vedere se da qualche jamming usciva fuori buona musica. Kurt Vile e Courtney Barnett hanno fatto del loro appuntamento in casa un album, ma musicisti come loro due possono concederselo. Sono belli insieme in copertina in B/N, con le loro chitarre e i loro stivaletti. E il tono confidenziale dei pezzi funziona.

È tutto chiaro sin dalla opening track Over Everything. Kurt Vile e la Barnett vogliono raccontarsi, aprirsi, farci confidenze, dirci come scrivono le canzoni che scrivono, qual è il privato processo creativo che guida il loro songwriting. A noi, di qui, non resta che raccogliere queste confidenze, collezionare le parole e la musica che le guida, e lasciar andare il disco come un sussurro nel cuore della notte.

Intendiamoci, non stiamo parlando di un capolavoro. È un disco che scorre leggero, a un livello emotivo, e con quel suono di chitarra che si fa stilema a cui ci ha abituato soprattutto Kurt Vile. È l’incontro generazionale di chi ancora ama suonarla, quella chitarra, e pensa che ci sia ancora da scrivere e suonare componendo con la sei corde. Tuttavia la stessa Over Everything soffre dell’effetto di “già sentito”, ma non è certo la sperimentazione quella che Vile e la Barnett cercano, semmai quello che provano a fare è mischiare voci, pensieri e chitarre e vedere cosa esce fuori.

Si parla molto di amicizia in questo disco (Continental Breakfast), si gioca molto con il suono (Fear is Like a Forest), e si batte la strada dell’intercontinental country duo. C’erano una volta un’australiana e un americano che suonavano la chitarra, si incontrarono a metà strada, e decisero fosse tempo di fare un album. I loro lunghi capelli non sarebbero stati d’impaccio, le loro voci si sarebbero unite per raccontare un percorso: il comune percorso di chi fa musica, va in tour spesso, viaggia, non ha radici e cerca nella musica quella casa, ovunque essa sia.

Tra echi blues e alt-country, c’è spazio per uno scambio creativo vero e proprio. Courtney Barnett reinterpreta quella Peepin’ Tomboy che fu uno dei successi dell’album forse più kurtvileiano di tutti (Smoke Ring for my Halo), e lo fa a suo modo, tanto che nel titolo stavolta diventa Peepin’ Tom. Kurt Vile dal canto suo ci regala la reinterpretazione di un pezzo della Barnett, Outta the Woodwork. Non stupisce che proprio da questa continua comunicazione sia nato un brano come Let It Go, che invece è una collezione di scambi epistolari di nuova generazione (cfr. email) tra i due.

Difficile dire se nascerà da tutto questo una futura collaborazione o un sodalizio musicale vero. La cantautrice australiana è appena agli inizi dopo quel disco fulminante d’esordio Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit, del 2015. Kurt Vile è ormai un veterano nel panorama musicale, andato via dai The War On Drugs proprio prima che la band venisse consacrata a un successo di pubblico più largo, e portandosi appresso quel suo sound riconoscibilissimo, che chissà se avrebbe potuto arricchire gli album dei War on Drugs oppure suona semplicemente meglio da solo. Proprio qui arriva il dubbio: la chitarra di Vile, anche insieme a quella della Barnett, ruba la scena. È preponderante. Vile è il tipico caso di chitarrista che si fa sentire, e rende kurtvileiano tutto ciò che tocca. Forse di questo Adam Granduciel ne era consapevole.

Pero ora ci godiamo con leggerezza Lotta Sea Lice, l’autunno è il momento perfetto per metterlo su. E allora che le chitarre di Kurt e Courtney vi accompagnino.

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