The Who - Who's Next (1971)

Primi anni '70. Ennesimo bollettino della distruzione. A seguito della deflagrazione conosciuta come Live At Leeds (1970), gli Who, o per meglio dire Pete Townshend, compositore instancabile e assassino della chitarra, mettono in cantiere, dopo Tommy ('69), un'altra "rock-opera" destinata a rimanere incompiuta. L'inaudito volume di fuoco della voce di Roger Daltrey e la sezione ritmica di un John Entwistle e di un Keith Moon più violenti e sconquassanti che mai portano i rimasugli dell'idea originale a sbriciolarsi nelle canzoni furiose di Who's Next, uno degli album più crudi, brutali e rissosi di sempre. L'energia degli esordi all'insegna di un flirt irruente tra pop, beat e blues elettrico letteralmente esplode in una colata lavica di riff pesanti come macigni, colpi di rullante simili a continue frustate, linee di basso che scorticano la pelle e urli primitivi in grado di frantumare ogni resistenza. I sintetizzatori (ascoltate i drones minimalisti di Baba O'Riley e Won't Get Fooled Again), i ricami acustici (appaiono all'inizio di Behind Blue Eyes), il pianoforte delicato di Nicky Hopkins (The Song Is Over) o i momenti di relax del canto (Bargain), tutti elementi incollati dal produttore Glyn Johns in pratica rivoluzionando il concetto stesso di ingegneria del suono attraverso dinamiche ancora oggi inaudite per potenza ed espressività, non diluiscono, anzi, enfatizzano la rabbia assordante del disco. Nella copertina, gli Who danno le spalle a un monolite di cemento nella campagna nordorientale di Easington Colliery, sul quale hanno appena pisciato. L'ennesimo simbolo del passato fatto a pezzi. Chi è il prossimo?
(Gianfranco Callieri)

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