Daughter – Music From Before The Storm (2017)

di Gabriele Senatore

In un verso di "Smother", Elena Tonra cantava "I sometimes wish I'd stayed inside my mother/ Never to come out". Un'agrodolce affermazione esistenzialista sul nostro essere volenti non voluti, individui nati senza avere la scelta di nascere. Ma cosa accadrebbe se quella scelta dipendesse da noi? Cosa farebbe un essere umano se potesse percorrere le proprie scelte e - arbitrariamente - decidere di tornare indietro nel tempo ed effettuarne delle altre?

Se in passato questa domanda poteva appartenere alla sola sfera della filosofia, dalla metà degli anni 50 il padre di Mr. E (aka Eels), celebre fisico conosciuto come Hugh Everett III, spostò il quesito sul terreno della fisica quantistica, rendendo il problema della "scelta" e delle sue conseguenze più concreto di quanto si fosse mai immaginato prima. La sua "interpretazione a molti mondi" prevedeva - volendo semplificare - che quando la scatola di Schrödinger, con tanto di micino e fialetta di veleno, veniva aperta svelando se il gatto fosse vivo o morto, lo stato che non si era verificato non smetteva di esistere, ma avveniva realmente in un "universo parallelo", generatosi a partire dalle possibilità di esito dell'evento. Due mondi paralleli, dunque, di cui uno con esito negativo e uno con esito positivo. Sul tema, si può dire che la fantascienza abbia esplorato ogni declinazione immaginabile di questa teoria, incrociandola talvolta con la cosiddetta teoria del caos.

Una di queste declinazioni dell'industria culturale è senz'altro l'opera videoludica "Life Is Strange": avventura grafica pluripremiata nel 2015 che permette al giocatore di impersonare un'adolescente americana con il dono di cambiare le proprie scelte fatte nel passato e sovvertire il proprio presente. Un videogioco tutt'altro che caciarone, interamente basato sul concetto di scelta e sul dramma umano, nonché accompagnato da una colonna sonora eccellente, in cui i creatori inserirono Bright Eyes, José Gonzalez, Alt-J, Foals, Mogwai e tanti altri nomi di grande valore.
La trama del primo "Life Is Strange" era imperniata su una tempesta, facente da cardine e checkpoint per lo sviluppo del gioco. Il prequel, cui ad oggi i Daughter contribuiscono con una colonna sonora originale, torna indietro nel tempo, tre anni prima della tempesta, appunto "Before The Storm". Una scelta azzeccatissima, quella di ingaggiare Elena Tonra e i suoi due fidi strumentisti, che riescono a costituirsi come anello mancante tra un dream-pop accessibile e un post-rock evocativo, accompagnando il tono drammatico della storia, tanto da elevarla a un'atmosfera cinematografica piuttosto che videoludica.

Con il primo singolo estratto, "Burn It Down", si ha un primo corposo assaggio dell'epicità che contraddistingue questo disco. Una drum machine incalzante, quasi drum'n'bass, accompagna un'Elena Tonra più imponente del solito nel canto. Potrebbe ricordare il tono drammatico della prima Lana Del Rey durante il chorus, ma la sua voce eterea si ricompone in fretta. Il pezzo è evocativo e pop, pur conservando una pienezza post-rock nelle linee compositive. Gli elementi sonori del singolo sono le fondamenta che ritroviamo quasi in tutte le tracce (seppur in chiave più o meno ambientale), come se fossero un marchio di fabbrica di "Music From Before The Storm", rendendo perfettamente coerente il tono della colonna sonora.

La formazione britannica dimostra un'elasticità inaspettata. Costruisce da un lato dolci e possenti ritratti post-rock, affidandosi ai loro soliti maestri (Mogwai, Explosion In The Sky e Godspeed You! Black Emperor), quali la delicatissima "Glass", l'esplosiva "Flaws" (che va ascoltata a volume abbastanza alto da poter essere inondati dalla detonazione di metà brano) e le tipiche "Hope" e "Witches"; dall'altro, invece, sperimenta brani ambient, in cui la voce della lead singer viene utilizzata come uno strumento, in maniere anche più azzardate rispetto ai talvolta analoghi Sigur Ròs. Un'eccellente prova per i Daughter, che per questa volta non vogliono solo creare la classica melodia melodrammatica, ma esplorarla e scomporla in modi non necessariamente logici, com'è d'altronde il flusso degli eventi del videogame. Emblema di quanto detto sono sicuramente "Departure", ma soprattutto "I Can't Live Here Anymore" e "Improve". Toni più tipici per il trio inglese si incontrano passando solo per "All I Wanted" e "Dreams Of William", riservandosi anche uno scossone ritmico con "The Right Way Around", che finisce per ricordare una versione degli Awolnation minimizzata.

Un disco sopra la media, a chiara conferma che soundtrack per videogiochi non voglia dire per forza banalità. Recentemente anche i 65daysofstatic si erano cimentati in una colonna sonora videoludica, sonorizzando "No Man's Sky", e sembra che proprio da quel post-rock addolcito e smussato ripartano i Daughter in questa occasione. Una conferma inattesa, che senz'altro alza le aspettative per il prossimo lavoro in studio della band.

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