Van Morrison - Versatile (2017)

di Nello Pappalardo

Nell’arco di poco meno di un anno Van Morrison ha scodellato ben tre nuovi album. E fin qui non ci sarebbe da meravigliarsi, se non fosse che il settantaduenne songwriter irlandese ha confezionato altrettante leccornie sonore. Dopo “Keep Me Singing” e “Roll With The Punches”, ecco arrivare, a sorpresa, il trentasettesimo pezzo della sua discografia personale, “Versatile”. Ancora una volta, il Leone di Belfast ha realizzato un prodotto di altissima qualità, in una struttura che ripete il precedente: sei inediti griffati Van Morrison (nell’altro erano cinque) e dieci cover, standard jazzistici arcinoti pescati fra il meglio del meglio, per affermare la propria... versatilità. Il Nostro si rivela un magnifico crooner, degno di figurare fra i grandi interpreti con i quali si mette, oseremmo dire, in diretta concorrenza, nonostante la sua non sia una voce calda e ben impostata, ma talora risulta, per dirla con un ossimoro, perfettamente imperfetta (sin dagli ormai lontanissimi tempi con i Them) e considerati i risultati particolarmente adatta per efficacia e piglio interpretativo.

Ci sono due famosissimi brani di George e Ira Gershwin, A Foggy Day e They Can’t Take That Away From Me, il classico Cole Porter di I Get A Kick Out Of You; c’è l’immortale Unchained Melody, cui dà toni intensi e un afflato particolare, mentre si cimenta con The Party’s Over, “cavallo di battaglia” di Willie Nelson e I Left My Heart In San Francisco, che Tony Bennett ancora oggi rende straordinaria. C’è Let’s Get Lost, il brano che Chet Baker ha fatto suo con una struggente, e mitica, interpretazione e che Morrison qui abbellisce soffiando fra le ance del suo sassofono, mentre un organo hammond gli fa da magistrale contrappunto; poi, tanto per non farsi mancare nulla, torna a sottolineare le proprie doti in un pezzo tradizionale van1scozzese del Settecento, solo strumentale, Skye Boat Song, che lo stesso artista rinnova con un “cinque quarti” alla Dave Brubeck. Fra gli inediti morrisoniani, che sono costruiti secondo i dettami della tradizione ma in dimensione moderna, citeremo sicuramente la bellissima Only A Dream, quindi Affirmation, una ballad quasi solo strumentale nella quale lo accompagna un illustre concittadino, il flautista settantasettenne Sir James Galway. A questo punto è legittimo immaginare, e nel contempo sperare, che Van Morrison si faccia risentire al più presto. Lo aspettiamo con ansia, sicuri che sarà ancora un piacere tutto da gustare.




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